Ribelliamoci

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Poche settimane fa è attendato qui a Novate il circo Kino.

Lo stesso circo Kino che, pochi giorni prima, era rimasto coinvolto in un’indagine dei carabinieri, che avevano trovato ben dieci lavoratori non in regola, completamente in nero. Prassi questa diffusa nei circhi, stando a quanto emerso durante la stessa indagine, che ha coinvolto sei circhi attendati nel milanese. Inutile dire che in tutti e sei la situazione era la medesima, se non peggiore.

Non ostante questo, il circo Kino (come gli altri), ha continuato (e continua) a spostarsi di comune in comune.

Allegramente sfruttando lavoratori a due gambe e schiavi a quattro.
Sicuri della propria impunità.

Mentre i circo era attendato qui, sono passata con cane Maggie.
Non che mi aspettassi nulla di diverso, ma la condizione di detenzione degli animali era – come in tutti i circhi – drammatica.
Una capra chiusa in una gabbia di metallo poco più grande di lei.
Tre cammelli in un recinto di dimensioni ridicole.

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Eppure esisterebbero dei regolamenti.
Ad esempio i criteri emanati dal CITES.
Che, per i camelidi, impongono, per le strutture esterne, che “Lo spazio minimo deve essere di 300 m 2 per 2-3 esemplari (50 m 2 per ogni animale in più). […]. Gli
animali devono averne libero accesso per almeno otto ore al giorno. […] Devono essere forniti rami per stimolare l’interesse degli animali. Gli animali devono poter accedere ad un’area protetta dal vento e dalle intemperie”.

Eppure i controlli, in teoria, vengono fatti. Ad esempio il circo Kino, nel 2013, a Vimodrone, è stato visitato dal comandante della polizia locale, dall’assessore all’ambiente, e da un responsabile dell’Ufficio Diritti Animali. Che hanno trovato – inutile dirlo – tutto in regola.

D’altra parte anche a Green Hill, per chi aveva il compito di far rispettare le leggi sul “benessere animale”, era tutto in regola. Anche nel macello di Ghedi. Anche nella stalla di Suzzara, da dove arriva Polz.

Vien da pensare che leggi e norme e criteri vengano emanati solo per questione di immagine. Per nascondere dietro una cortina di belle e rassicuranti parole la vera verità: per gli inferiori (siano essi animali o lavoratori clandestini) speranze non ce ne sono.

Se non quella della ribellione.

Come hanno fatto i tre cammelli (per la seconda volta, che già ci avevano provato tre anni fa a Gandino, in provincia di Brescia) che ieri notte hanno travolto la cancellata e si sono dati alla fuga per le vie di Cesate.
Purtroppo, come prevedibile, il loro assaggio di libertà è durato poco. Le forze dell’ordine, che sanno sempre da che parte stare, li hanno prontamente catturati e riportati indietro.

Dovremmo seguire il loro esempio. Provare ad alzare la testa. Cambiare le cose. Ribellarci. Non aspettare che le istituzioni, i parlamenti, le guardie, costriscano per noi gabbie più grandi, più confortevoli, comode e spaziose.

 

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